giovedì 31 maggio 2012

la questione siriana

una cosa inspiegabile per me... perchè nessuno interviene?

vi copio un articolo di Livio che, seconde me, a parte qualche passo sicuramente non facile per capire che ci sono gli arabi sciiti, quelli sunniti e vari seguidores di entrambi i gruppi, da un'idea della situazione:


“Credo che il presidente Assad non abbia perduto neppure un’ora di sonno a causa della espulsione dei suoi diplomatici da undici Paesi”ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano Barack, suggerendo per la prima volta che, se vuol arrestare il massacro dei civili siriani, l’Occidente deve assumere iniziative ben più concrete. Ma, per quanto l’indignazione provocata dalla strage di 108 persone (di cui 49 bambini) nel villaggio di Houla non accenni a diminuire, la probabilità di un intervento armato in stile Libia non sono oggi superiori a una settimana fa. Solo il neopresidente francese Hollande ne ha evocata la possibilità  in una intervista alla TV, affrettandosi peraltro ad aggiungere che “occorre trovare una soluzione che non sia affidata alla forza militare”. Ma, con la parziale eccezione di Australia e Belgio, le reazioni sono state tutte negative. I tedeschi hanno invitato i francesi a non speculare su operazioni belliche, gli italiani le hanno escluse e sia la Russia, sia la Cina si sono affrettate a ribadire che opporranno il loro veto a qualsiasi risoluzione del Consiglio di Sicurezza che apra la strada a interferenze esterne. Quanto agli Stati Uniti, senza la cui partecipazione qualsiasi iniziativa è improponibile, si sono affrettati a dichiarare che un ricorso alla forza provocherebbe “maggiore caos e nuove carneficine” e che comunque, prima di qualunque mossa, è necessario capire la vera natura e composizione dell’opposizione al regime. Washington, evidentemente, ha preso buona nota che lo stesso segretario generale dell’ONU Ban Ki Moon ha visto la mano di Al Qaeda in almeno due degli attentati kamikaze che la scorsa settimana hanno sconvolto Damasco ed Aleppo e nutre il timore che, in caso di caduta del regime di Assad, in Siria possano prevalere gli estremisti islamici: il che, per gli americani, sarebbe come cadere dalla padella nella brace.

Intanto, notizie che filtrano dalla Siria rendono un po’ meno assurda la negazione di ogni responsabilità nella strage di Houla da parte del governo siriano. Sembra che meno di venti morti siano da attribuire al fuoco di armi pesanti e gli altri – donne bambini e vecchi – siano stati massacrati a sangue freddo addirittura a pugnalate. Ma i responsabili non sarebbero i militari, bensì squadracce di “shabiha” alawiti  che avrebbero agito per vendicare l’uccisione del loro comandante Hussein el Deib da parte delle forze ribelli. Non certo una giustificazione per un orrendo crimine contro l’umanità, ma una nuova prova che la situazione in Siria è sempre più fuori controllo e che la tanto paventata guerra civile è già in atto. Perciò, sarà sempre più difficile per la Commissione dei diritti umani dell’ONU, convocata d’urgenza, formulare accuse precise. “Al momento” ha detto uno dei suoi membri, “in Siria non ci sono buoni e cattivi, ma soltanto cattivi e pessimi”.

Dietro le prese di posizione dei vari governi, c’è la consapevolezza che il piano Annan, che avrebbe dovuto portare a un graduale cessate il fuoco e all’apertura di negoziati tra regime e opposizione sta fallendo. Dopo una brevissima tregua, le ostilità sono riprese con la stessa violenza di prima e il centinaio di osservatori (disarmati) che l’ONU ha inviato sul posto non possono che costatare, in genere a posteriori, i reciproci massacri. Il regime non ha tenuto fede all’impegno di non usare le armi pesanti contro la popolazione e gli insorti, che hanno cominciato a ricevere armi sia dalla Turchia, sia  dalle potenze arabe sunnite contrarie al regime alawita (setta sciita) di Assad hanno proseguito i loro attacchi. Invano Kofi Annan, che si sta giocando in questa partita la sua reputazione di abile diplomatico, contiunua a rivolgere appelli a entrambe le parti perché cessino le ostilità.

Allora, che fare? Senza dubbio gli occidentali sono consci, non meno di Barack, che l’espulsione degli ambasciatori – tra l’altro definita “controproducente” dal Cremlino - è  un gesto dimostrativo che non basterà certo a indurre Assad a più miti consigli. “Il problema” secondo uno studio dell’America Institute” è che non siamo ancora al punto in cui il rais ha bisogno del piano Annan per salvare la pelle: sa di mantenere il sostegno di una parte notevole della popolazione, è convinto che l’intervento di Al Qaeda faccia il suo gioco e confida che alla fine riuscirà, in un modo o nell’altro, a spuntarla. E, salvo clamorosi voltafaccia, potrà sempre contare sulla protezione della Russia”.

Livio Caputo

sabato 26 maggio 2012

COME FARE UNA BANDIERA AMERICANA 3

applicare un numero di stelle a piacere sul blu. io ne ho messe 13, sempre numeri dispari, chissà perchè.

scucire le due strisce rosse attaccate, che solo la Kak ha notato, ricucire tutto come si deve.


e le ultime stellone








stavo appunto fotografando le ultime, ho fatto appena in tempo. naturalmente quando mi sono allontanata dal tavolo i due impiastrini sono scesi, non prima di aver buttato per aria tutte le stelle.

buon fine settimana a tutti
Franci



mercoledì 23 maggio 2012

UN, DUE, TRE.... STELLA........ AGGIORNAMENTO

ieri ho cucito altre stellone:






mi stò già ponendo il problema di come unirle.

cucirle una attaccata all'altra


o inserire un sashing.
qui ho imbastito due bordi panna per fare una prova
che potrebbero sicuramente essere meno alti, magari solo un pollice tra una e l'altra invece di uno e 3/4 come nella foto.



sono perplessa, forse è sbagliato il panna? a me non dispiace. scegliere un altro colore sarebbe un gran casino perchè quando le avrò finite li avrò usati tutti.
il solito blu scurissimissimo che stacca con tutte?
naaaaaa.

voi che dite?

un abbraccio
Franci





lunedì 21 maggio 2012

COME FARE UNA BANDIERA AMERICANA CON LE STRISCE DA DISFARE

ecco il top finito:


adesso devo decidere come posizionare le stelle, non sono così sicura che ci vadano. ne faccio qualcuna di prova e le appoggio sul blu, vedremo.

oggi ho postato la foto su fb e finalmente qualcuno si accorge che ci sono due strisce rosse attaccate :)
io non le avevo proprio viste: grazie Kak del mio cuore.
ho disfatto, ricucito, tirato qualche madonna. la foto non la cambio: la prova ufficiale che sono stordita.
prossima puntata: con le stelle.

baci a tutti
Franci


venerdì 18 maggio 2012

COME COSTRUIRE UNA BANDIERA AMERICANA

gli ingredienti sono:

1) un'amica come la Gingerina Laura Mori. Tutte e due abbiamo una grande passione per la bandiera degli Stati Uniti (chiamata "stars and stripes), è così chic e stylish, con colori così caldi. insomma, l'altro ieri sono passata in negozio da Lauretta e le ho copiato l'idea.

2) un tavolo da lavoro abbastanza grande



dove bisogna farsi il proprio spazio con un pò di pazienza.

3) tante stoffine rosse, panna


e blu





per stasera sono arrivata qui, sembra poca cosa ma ho tagliato tanti di quei quadretti,

devo cucire tredici strisce, anche la parte blu sarà formata da quadretti e triangoli, sopra applicherò col metodo punto festone delle stelle bianche random che sicuramente non saranno 50.
la misura finale è un grissinone da 180 cm x 120.
vi tengo aggiornate.
un abbraccio ed un sorriso
Franci

Kak? sono invidiosa della tua rubrica "sfiziosetti di cucina", vorrei introdurre qualcosa tipo "golosacci di stoffa", mi dai un'idea per favore. grazie















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martedì 15 maggio 2012

eurolandia e la grecia

il mio babbione, alias Livio, mi ha dato il permesso di pubblicare i suoi articoli di politica estera sul blog.
sulla questione della grecia ho capito poco, quasi niente, i suoi articoli mi hanno aiutata moltissimo, ora mi sento padrona della materia :)

copio ed incollo due articoli, uno esce domani, l'altro è di qualche giorno fa.
penso che proprio in questo periodo, siano cose che dovrebbero interessare tutte, fate voi.
sicuramente non avete il diritto di copiare pezzi e riportarli sul vostro blog, sono strettamente coperti da copyright.



"Da qualunque parte la si guardi, la situazione greca uscita dalle elezioni di domenica scorsa è estremamente allarmante per  Eurolandia.  Samaras, il leader di Nuova democrazia che ha ottenuto più voti (e il relativo premio di maggioranza)  ha dovuto rinunciare dopo poche ore al tentativo di formare un governo che portasse avanti la politica di austerità imposta dalla “troika” – Unione Europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale - venuta in soccorso del Paese con 170 miliardi di dollari. In base alla legge, martedì la palla è passata ad Alexis Tsipras, capo della Syriza, la formazione di estrema sinistra  arrivata seconda, il quale ha un programma diametralmente opposto: denuncia degli impegni assunti con la comunità internazionale e reintegrazione degli stipendi e delle pensioni tagliati su richiesta dei creditori: “Il verdetto popolare” ha sentenziato” annulla queste misure.  Per fortuna dell’Europa e del suo Paese, neppure lui è stato in grado di mettere insieme una maggioranza nel Parlamento di 300 membri entro il termine previsto. E’ toccato allora al terzo arrivato, il socialista ex ministro delle Finanze Venizelos – cioè l’uomo che aveva negoziato e firmato gli accordi oggi rimessi in discussione - il quale ha lanciato un appello per la costituzione di un “governo di unità nazionale comprendente tutte le forze che vogliono mantenere la Grecia nella UE e nell’Euro” e ha ottenuto qualche progresso rispetto agli altri. Sia Samaras, sia il leader di Sinistra democratica Kouvelis, gli hanno detto di sì, raggiungendo così in teoria una esigua maggioranza parlamentare, ma entrambi hanno posto la condizione che anche Syriza sia della partita. Per Tsipras, tuttavia, il boccone appare un po’ troppo indigesto: accettando, rinnegherebbe non solo quanto ha detto tre giorni fa, ma tradirebbe anche i suoi elettori. Ieri, ha ammorbidito un po’ le sue posizioni, ma non abbastanza per consentire la formazione di una “grande coalizione”. Le previsioni sono, perciò, che tra domenica e lunedì, il presidente della Repubblica Papoulias convocherà i rappresentanti di tutti i partiti per  un ultimo appello al loro senso di responsabilità. Se anche questo passo estremo non avesse esito, nominerebbe un governo di transizione e indirebbe  nuove elezioni tra un mese. La speranza è che l’elettorato, rendendosi conto del pericolo, trasferisca un po’ di consensi dai partiti estremisti che pretendono di stravolgere gli accordi raggiunti a quelli centristi che intendono, sia pure con qualche nuovo distinguo, a tenervi fede. Il pericolo è che invece la gente, esasperata per quello  che molti considerano il ricatto della Germania (la cancelliera Merkel è stata perfino equiparata a Hitler), dia ancora più forza ai radicali di sinistra e di destra e renda il Paese definitivamente ingovernabile.

Un mese di vuoto politico, inoltre, potrebbe riuscire fatale. Gli altri Paesi, Germania in testa, e la stessa Commissione UE stanno infatti perdendo la pazienza con una Grecia che reagisce al più costoso salvataggio della storia premiando i partiti che pretendono di rinegoziare tutto, a cominciare dal taglio di bilancio di 15 miliardi di dollari atteso entro giugno. Il ministro dell’Economia tedesco Schaeuble ha dichiarato che “nessuno obbliga i greci a rimanere nell’Unione, ma non si può essere membri di un club se non se ne rispettano le regole”; e per buona misura ieri ha aggiunto che Eurolandia è perfettamente in grado di far fronte a una fuoruscita della Grecia.

Questa durissima presa di posizione ha un duplice obbiettivo: da un lato, premere su Atene perché ritorni alla ragione, dall’altra preparare il resto dell’Europa all’eventualità di una crisi. Ma che cosa accadrebbe se di fronte al caos politico la troika sospendesse gli aiuti? Già in maggio Atene potrebbe trovarsi nell’impossibilità di onorare i suoi impegni e a luglio non avrebbe più neppure i soldi per pagare stipendi e pensioni: salvo colpi di scena, il default e una svalutazione selvaggia prima di tornare alla dracma diventerebbero inevitabili. Checché ne dica Schaeuble, una soluzione del genere  non mancherebbe di avere ripercussioni nel resto dell’Europa: i capitali si affetterebbero a fuggire dagli altri Paesi considerati a rischio, cominciando da Portogallo e Irlanda, continuando con la Spagna e forse – se non si metterà in opera una qualche forma di scudo protettivo - anche con l’Italia. Molte banche fallirebbero e l’intera costruzione dell’Euro potrebbe crollare.

I greci hanno senza dubbio colpe gravissime, in primo luogo quella di avere truccato per anni i propri conti pubblici. Tuttavia, il loro caso ha anche contribuito ad alimentare la tesi che una politica di eccessivo rigore, in una situazione economica già compromessa, può fare precipitare un Paese in una recessione brutale da cui riuscirà poi quasi impossibile riprendersi. Ad Atene, almeno in questa prima fase, è successo proprio questo: le misure draconiane imposte dalla troika hanno fatto calare il PIL di oltre cinque punti, spinto la disoccupazione oltre la soglia del 20% e spinto un quarto della popolazione sotto la soglia di povertà. L’esasperazione popolare  ha prodotto prima violenti disordini di piazza, poi favorito il successo degli estremisti alle elezioni. Se vogliamo, proprio da Atene è arrivata la prima spinta ad integrare le misure di austerità con altre che facilitino la crescita.

Qualcuno ipotizza perciò che, anche sotto la spinta del nuovo presidente francese, la troika consenta a un prolungamento dei termini per il pareggio di bilancio. Queste voci sono alimentate dai primi segnali di ammorbidimento delle posizioni tedesche. Un compromesso servirebbe a rimandare la crisi, ma creerebbe anche un precedente pericolosissimo, che potrebbe contagiare tutti gli altri Paesi in difficoltà.

Siamo, una volta di più, a un confronto basato sulla politica del rischio calcolato, con la speranza che la corda non si spezzi. Il primo passo è che i greci si rendono conto che, fuori dall’Europa, li attenderebbe un quinquennio di miseria nera, il secondo è che i tedeschi annacquino un po’ il loro rigore dopo le cruciali elezioni di domani in Renania-Westfalia. Come dice l’economista tedesco Dullien, “possibile, ma non probabile”
Livio Caputo

ecco Livio:




l'articolo che esce domani:



"Saranno gli elettori, il prossimo 17 giugno, a decidere se la Grecia rimarrà nella moneta unica o tornerà alla dracma e – di riflesso – se l’Eurozona dovrà affrontare la più drammatica crisi della sua storia . Il definitivo fallimento del tentativo di formare un governo di solidarietà nazionale che accettasse i tagli imposti al Paese dai suoi creditori ha costretto il presidente della Repubblica ad affidarsi a un governo di tecnici e ritornare alle urne. Ora le ipotesi sono due: 1) L’elettorato conferisce,come prevedono i sondaggi, la maggioranza assoluta a una coalizione di sinistra capeggiata da Syriza, che si rifiuta di cedere al “ricatto tedesco (la Merkel è stata perfino paragonata a Hitler) e vuole cancellare, o almeno rivedere a proprio vantaggio, gli accordi firmati a febbraio per ottenere un aiuto di 130 miliardi di Euro e - in parallelo - azzerare i tagli alle pensioni e agli stipendi che hanno causato grande disagio sociale. A questo punto, la troika che ha organizzato il salvataggio – Unione Europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale – potrebbe sospendere il versamento dei sussidi e costringere il nuovo governo greco a uscire dall’Euro e proclamare il default. La posta in gioco, tuttavia, è talmente alta per entrambe le parti che ci sarà quasi certamente un ultimo tentativo di arrivare a un compromesso. Il leader di Syriza Tsipras,  primo ministro in pectore, dovrà tenere conto che la maggioranza dei greci, pur rifiutando le misure di austerità, vuole in realtà restare nell’Euro e che una fuoruscita dall’Unione monetaria comporterebbe una svalutazione selvaggia (si parla del 50-60%), la distruzione del risparmio e almeno cinque anni di miseria nera. La troika, dal canto suo, dovrà valutare se all’Europa conviene accettare la revisione degli accordi pretesa da Atene o affrontare una perdita secca valutata a quasi 500 miliardi di Euro e tutte le incognite di una operazione senza precedenti, a cominciare da una fuga di capitali dagli altri Paesi in difficoltà . C’è addirittura chi sostiene che, in base ai trattati, la Grecia non potrebbe tornare alla dracma senza uscire dall’Unione Europea. Nella sua scommessa, Tsipras conta sull’aiuto del vento antirigorista che ha cominciato a spirare in Europa; ma la Germania, pur essendo un po’ più aperta di prima alle esigenze della crescita, sembra decisa a opporsi a concessioni di sostanza per timore che l’esempio possa essere preso a modello da altri Paesi. Comunque, è probabile che lo spazio per un negoziato aumenti con la paura.
2) Gli elettori, rendendosi conto del pericolo che la sinistra porti il Paese alla bancarotta, trasferiscono un po’ di consensi dai partiti estremisti che pretendono di stravolgere gli accordi raggiunti a quelli centristi che intendono, sia pure con qualche nuovo distinguo, a tenervi fede. In questo caso Nuova Democrazia, il Pasok e Sinistra democratica potrebbero formare quel “governo della continuità” risultato impossibile con il Parlamento emerso dalle urne il 6 maggio, la troika continuerebbe i suoi versamenti e i mercati dovrebbero, almeno in teoria, calmarsi. Questa svolta verso la ragionevolezza potrebbe essere favorita dalla notizia – del tutto inattesa – che nel primo trimestre del 2012 l’economia greca, che dal 2009 era regredita del 25% spingendo la disoccupazione oltre il 20%, è tornata modestamente a crescere.
Una cosa è certa: mai elezioni greche saranno seguite con tanta attenzione in un’Europa, che – tanto per cambiare – si è già divisa in due fazioni. Da un lato, i Paesi rigoristi convinti che l’uscita di Atene dalla moneta unica sarebbe gestibile e comunque da preferirsi a una agonia prolungata inevitabile nel caso in cui i greci non tenessero fede agli accordi. Dall’altro, leader prudenti come il presidente di Ecofin Juncker e i Paesi più esposti alle ripercussioni di un default greco, perché i mercati potrebbero convincersi che un Euro depositato nelle loro banche vale meno di uno parcheggiato nelle banche tedesche (o di qualche altro Paese con la tripla A). Nel tentativo di evitare la rottura, finiranno col giocare al poliziotto cattivo e al poliziotto buono".
Livio Caputo

questa invece è la foto che ho fatto l'altro giorno sul lago di como ad un personaggio che Livio definisce la mia collega:


guardate com'è carina!!!!!!!!!!!!
è un'anatroccola femmina, i maschi hanno le penne scure e sono arroganti come gli umani.
stavo tirando i pezzettini di pane e livo ha detto: "guarda come corrono, sanno che c'è una loro collega".
ho cominicato a ridere che non ce la facevo + :)
abbiamo una cosa che ci unisce: il senso dello humour.
meno male, è così importante.
poi altre cose che non vi interessano.

beh quindi, sono sicura che non leggerete nemmeno le prime dieci righe del suo primo articolo. posso dire, da parte mia, che oggi non si possono non conoscere queste cose, riguardano veramente e direttamente noi, cosa succederà se la grecia esce dall'euro.
personalmente sono molto preoccupata.

e penso un'altra cosa: avendo l'occasione di postare gli articoli di uno dei  + importanti esperti di politica estera del mondo, sia un'occasione da non perdere.

un abbraccio
Franci la copiona


















venerdì 4 maggio 2012

E VOILA'.......... FINITO IL TOP DI LEANNE'S HOUSE!!!!!!!!!






questa splendida stoffina di Blackbird Design è per il retro.

 
IL CLUB DELLE CENCIAIE: non l'ho mollato, ho lanciato l'idea e poi sono sparita, bella figura, scusatemi tantissimo socie.
dalle stelle sono passata, non alle stalle, ma agli esagoni, tutti azzurri. il lavoro langue da poco dopo Natale. nel frattempo mi sono portata molto avanti con la preparazione degli esagoni da cucire.





e ritorno con la richiestissima rubrica: "ACQUISTI PER LE ROSICONE".

due schemi di Bronwyn Hayes:




un porta aghi della Sajou, ha un nome tecnico che non mi ricordo, su ogni tubetto c'è la scritta con gli aghi che ci sono inside, è fatto con un bellissimo legno, un grande acquisto :)




porca miseria, mi sono dimenticata di fotografare un altro schema di Red Brolly, un natalizio, ma soprattutto manca la foto di 5 BARCHETTE DI STOFFINE scagarinissime con roselline!!!!!!!!!!
dev'essere stato un lapsus, non volevo farvi rosicare troppo e volevo lasciarvi serene per il fine settimana?
è possibile.

ho cominciato "A XMAS STORY"  di Anni Downs, lo faremo da qui a natale sull'altro blog dove si stitchera insieme.

oggi google non mi fa caricare le foto, ci riprovo prossimamente, mi dispiace, così aggiungerò anche le foto mancanti dei miei nuovi acquisti.

un abbraccio
Franci





















martedì 1 maggio 2012

Alba de Cespedes - "Dalla parte di lei"


faceva ancora freddo, nella camera: la terrazza delle nostre belle sere estive ci lasciava assediare dal gelo. Sveglia, ero oppressa da un incubo: nell’appartamento di sopra, in quello contiguo, nei bianchi casamenti moderni che sorgevano accanto al nostro, in tutte le case di Roma, in tutte le case del mondo, vedevo le donne sveglie nel buio, dietro l’invalicabile muro delle spalle maschili. Parlavamo lingue diverse, ma tutte tentavano di far udire le stesse parole, nulla poteva attraversare l’incrollabile difesa di quelle spalle. Bisognava rassegnarsi ad essere sole, dietro il muro; e stringersi tra noi, sorreggerci, formare un grumo di sofferenza e di attesa. Era il solo conforto che ci fosse consentito insieme con quello di lavorare, partorire e piangere; e questo davvero era il nostro sollievo: piangere, sole, sedute nelle cucine azzurre che al tramonto divengono livide e tristi, dove i ragazzini giocano in terra e spesso anche loro piangono con voci lugubri e già adulte. Alcune di noi, come la nonna, si  appagavano di essere padrone dei grandi armadi della biancheria, cupi e solenni come bare: altre, senza saperlo, si riducevano addirittura a dimenticare se stesse in un seguito di giorni ricchi, futili, mondani. Ma tutte, talvolta o sempre, si accontentavano di dormire nel freddo, dietro un muro. Tutte. Le sentivo gemere, implorare senza essere udite. Perché la voce di una donna è solamente povero fiato, e il muro è pietra, cemento, mattoni.



Accadeva sempre che, dopo un piccolo diverbio Francesco divenisse più affettuoso con me, per qualche giorno. Durante il primo anno ciò mi induceva ad abbandonare i miei timori e moltiplicare la volontà di difendermi dall’infingardo tranello dell’abitudine. Perciò mi studiavo di esser sempre calma e sorridente, considerando che la nostra primitiva felicità sarebbe potuta rinascere più facilmente in un’atmosfera serena piuttosto che da amare discussioni e vicendevoli accuse.  I miei nervi si ristoravano: in me pareva stendersi un bel mare tranquillo…………………………………